A rischio 750 dei 3500 dipendenti con il piano di privatizzazione di Poste Italiane, secondo le categorie regionali di settore che hanno aderito allo sciopero proclamato dalle segreterie nazionali Slc Cgil, Slp Cisl, Faipal Cisal, Confasal Com e Ugl Com e, questa mattina, hanno manifestato a Cagliari.
Le ragioni della mobilitazione sono legate alla decisione del Consiglio dei Ministri di quotare in Borsa (dopo un pacchetto di oltre il 30 per cento a ottobre 2015) un ulteriore 29,7 per cento, e di conferire a Cassa Depositi e Prestiti il rimanente 35 per cento del capitale, con l’uscita definitiva del Ministero dell’Economia dall’azionariato di Poste Italiane.
I sindacati chiedono di incontrare i capi gruppo di tutte le forze politiche per illustrare le ragioni della vertenza e il rischio di abbandono del servizio universale sul territorio della Sardegna: “Le ricadute occupazionali e sociali del piano di privatizzazione e riassetto in Sardegna – spiegano i responsabili regionali del settore, Antonello Zedda (Slc Cgil), Timoteo Baralla (Slp Cisl), Mario Abis Failp Cisal, Albero Garau (Confsal Com), Marco Murgia (Ugl Com) – assumono proporzioni di estrema gravità: sui 3500 dipendenti presenti in Sardegna, 1200 addetti al recapito e allo smistamento e 2300 nell’area dei servizi finanziari al pubblico e aree di staff, si ipotizzano tagli rispettivamente di 350 lavoratori sui servizi postali e 400 sui servizi finanziari”.
Secondo le categorie “il piano di riassetto prevede ulteriori interventi di chiusura degli Uffici Postali nelle zone più disagiate che si aggiungerebbero alle chiusure a giorni alterni, già realizzate in questi anni in oltre 80 Comuni della Sardegna, e alla scelta di limitare il recapito della corrispondenza (sempre a giorni alterni), con un impatto pesantissimo sull’occupazione, sulla qualità del servizio offerto e la garanzia del servizio universale e dei servizi di prossimità alle popolazioni delle aree più disagiate del nostro territorio”.